sabato 7 giugno 2014

L'AQUILA VOLA

Conobbi in giro un uomo che fu stalkizzato da un'ex. Riuscii a conquistare la sua fiducia solo perché mi occupo nella vita di tutelare gli individui che hanno subito una qualche forma di violenza psicologica. Lo stalking è una delle peggiori. Pur essendo femminista fino all'osso, riconosco che quando ci mettiamo noi donne a perseguire un uomo, siamo più perfide e subdole. Lorenzo Bianchi era barista in un discobar nella zona più gaya di Milano dove andavo spesso all'epoca, ma era eterissimo. Grazie alla mia solita faccia di tolla, attaccai bottone con lui. Era carino, la parte di braccia che spuntava dalle maniche arrotolate del camiciotto a quadri era tatuatissima, i capelli nella penombra sembravano corti, nascosti sotto una coppolina molto trendy, aveva curiosi baffi volti all'insù con la cera, (a me di norma i baffi non piacciono, ma i suoi erano curatissimi e per la prima volta in un giovane li vedevo tenuti in siffatta maniera), un delicato anellino al naso, occhi nerissimi che tradivano la sua origine meridionale, il sorriso sempre pronto, luminosissimo. Jeans skinny e scarpe polacche in cuoio rustico allacciate fino al polpaccio. Il suo outfit mi piacque. Chiacchierando scoprii che era del Salento, proprio come avevo intuito. Lorenzo quella sera finiva tardi, io volli andarmene a letto. Gli feci annotare il numero di cellulare: sapevo che non mi avrebbe stalkizzato, per ovvi motivi. Ci lasciammo con la promessa di andare a sentire un concerto pochi giorni dopo del Collettivo Machete, un buon hip-hop/rap di una crew di Sardi. Passò a prendermi a casa moooolto presto: volevamo scopare prima di andarci. L'annusata al bar aveva già fatto scattare l'alchimia in entrambi. Lo feci accomodare in casa. In salone, la prima cosa che feci fu di togliergli la coppolina. Ne uscì una vera e propria criniera leonina, aveva capelli ricciuti e forti, lunghi fin sotto le spalle, che si aprivano a tondo, girandogli tutto intorno alla testa, con fili d'argento. Erano ricci curati. Lorenzo era del Leone. Mi piacque ancor di più. Infilando le dita tra i capelli, appoggiai il palmo delle mani sul cranio ovattato dalla massa dei capelli, mi avvicinai al suo viso e, invece di baciarlo, gli leccai subito i baffi: sapevano di buono. Forse usava una cera che prevedeva quel gesto. Con la lingua gli stuzzicai l'anellino al naso, facendolo dondolare. Lorenzo ne godeva come un pazzo e si lasciava fare, mentre con le mani percorreva la mia schiena e i miei capelli corti, che rappresentavano per lui il simbolo della novità e della femmina vera. Me lo sussurrava negli orecchi: Sei femmina, oohhh come sei femmina... All'improvviso, mi afferrò i capelli e mi tenne ferma, mi infilò brutalmente la lingua in bocca e mi appese al muro, spingendo il suo bacino contro il mio. Pensai: Non è un Leone, è un toro! E la cosa mi prese. Ero in vestaglia di seta, con calze, reggicalze, tacchi, senza altro intimo. Mi slacciò la cinta e si inginocchiò ai miei piedi, dicendo: Ora sentirai a che servono i miei baffi! Mi afferrò i glutei ed iniziò a leccarmi il clito. Sentii le punte dei baffi farmi solletico nell'interno coscia. Era un gesto dall'erotismo sconfinato, infatti più la sua lingua andava avanti e indietro sulla sorellina, più i baffi mi stuzzicavano. Era quasi insopportabile. Ad un certo punto, gli afferrai a capelli e dissi in un sospiro: Bloccati sul grilletto, usa i denti e tienilo stretto, sto per godere... Lorenzo eseguì: voleva il mio piacere. Strinse piano, ma lì restò a lungo, muovendo piano i denti, in attesa di assaporare le mie vibrazioni. Che non tardarono a venire, risi come faccio quando ho un orgasmo imperioso. Lorenzo si avvilì! Credeva stessi prendendolo in giro. Lo tranquillizzai: Se continui così, entro stasera mi farai ridere ancora e pure tante volte... Annotai nel mio cervello la sua bravura con lingua e denti, ne trassi la conclusione che ce l'avesse piccolo. Fu il mio turno di spogliare lui. Ce ne andammo in camera da letto e gli tolsi la camicia. Aveva un tatuaggio imperioso sul
petto, un'aquila da una clavicola all'altra, ancora incompleta nella stesura del colore, ad ali spiegate, tra gli artigli stingeva un cuore trafitto da pugnali. Mi disse: Guarda. Alzò le spalle e l'aquila spiccò il volo. Solo allora notai il piercing ai capezzoli. Mi fece ancora più sangue.
(continua...)

Nessun commento:

Posta un commento